E’ necessario chiarire ancora una volta che con il decreto “Io resto a casa”, già in vigore dal 10 marzo u.s., il Governo non ha vietato agli italiani di uscire, ma ha stabilito in modo cogente che gli spostamenti debbano essere limitati allo stretto necessario (per motivi di lavoro, salute, necessità e rientro al proprio domicilio).

A tal fine il Governo ha imposto a chi deve necessariamente spostarsi, di compilare un modello di autodichiarazione ai sensi del D.P.R. 445/2000 su cui l’interessato una volta declinato le proprie generalità complete, dovrà annotare il tragitto, l’ora e la data oltre che le motivazioni dello spostamento.
Con la sottoscrizione del modulo, che è in dotazione anche degli organi di Polizia, il cittadino come per tutte le autocertificazioni, si assume la responsabilità di ciò che dichiara con la conseguenza che in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale commetterà il reato di false dichiarazioni o attestazioni, previsto e punito dall’art. 495 c.p., sanzionato con la reclusione da 1 a 6 anni.

Ma il tema più rilevante e controverso in questo periodo riguarda il fatto che qualsiasi condotta del cittadino che sia inadempiente o non conforme all’ordine dato dall’Autorità di adottare le citate misure di contenimento del contagio in caso di spostamento in entrata ed in uscita dai comuni del territorio italiano, configura un altro reato penale: quello dell’Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità.

Trattasi di un reato contravvenzionale (e non già una sanzione amministrativa quale potrebbe essere la multa) previsto e punito con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a 206,00 euro dall’art. 650 c.p., che si sostanzia in un una attività (consapevole o inconsapevole non rileva) di inadempimento e inerzia nei riguardi dell’ordine espresso nel precetto dell’autorità.

Quando detta norma viene violata si procede sempre d’ufficio e la sanzione penale è quella dell’arresto e dell’ammenda anziché della reclusione e della multa come per i delitti.

Ciò significa che il cittadino inadempiente del provvedimento legalmente dato dall’Autorità sarà sottoposto ad un processo penale che si svolgerà con un iter lungo ed articolato come in sintesi di seguito si ricostruisce:

a seguito dell’accertamento da parte degli organi di polizia, al contravventore verrà notificato un “decreto di citazione diretta a giudizio” innanzi al Tribunale Penale Monocratico territorialmente competente ovvero, ricorrendone le condizioni, un “decreto penale di condanna” ai sensi degli artt. 459 e segg. c.p.p.. A questo punto, prima dell’apertura del dibattimento ovvero prima che il decreto di condanna diventi definitivo, l’interessato dovrà avvalersi della difesa tecnica di un legale per addivenire ad una estinzione del reato mediante domanda di ammissione all’oblazione. Trattasi di un particolare iter procedimentale che prescrive il deposito di una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione oltre alle spese del procedimento. L’ammissione all’oblazione di cui all’art. 162 bis c.p. è  rimessa alla discrezionalità del Giudice penale il quale, pur verificata l’inesistenza di elementi ostativi, potrà decidere se ammettere o meno la domanda in considerazione della ritenuta gravità del fatto. Solo nel caso in cui il Giudice la conceda, il cittadino potrà finalmente ottenere la pronuncia di estinzione del reato. Insomma un procedimento articolato e lungo durante il quale l’interessato si troverà iscritto nel registro degli indagati.

Dunque è necessario che fino al 3 aprile 2020, stante la situazione di eccezionale gravità in cui versa l’intera nazione, la condotta di ciascun cittadino sia quanto più rispettosa dei provvedimenti adottati per contingenti ragioni a tutela degli interessi collettivi afferenti a scopi sicurezza ed ordine pubblico, onde evitare di incorrere nel reato di cui all’articolo 650 c.p.